venerdì 30 ottobre 2015

Uscir fuori di se e trovar se stessi

Quali spazi per la fantascienza nel mondo della scuola? Perché far leggere science-fiction a bambini e ragazzi? Fantascienza durante le ore di materie letterarie o nell'ambito delle discipline scientifiche?
Per rispondere a queste domande, sono stato invitato a parlare, martedì scorso, a un seminario interdisciplinare rivolto a docenti delle scuole di lingua italiana in Slovenia e Croazia.
Nelle sale di palazzo Manzioli, dimora in stile veneziano recentemente rimodernata e sede della comunità italiana di Isola d'Istria, più di cinquanta insegnanti hanno trascorso una giornata all'insegna dello straniamento. Straniamento brechtiano con Daniela Dellavalle, art-theatre counselor, che ha proposto gli esercizi del Teatro dell'Oppresso per mettersi nei panni dell'altro, svelare i pregiudizi che abbiamo sul prossimo e formulare modi di superarli. Straniamento cognitivo - mi si permetta la citazione suviniana - attraverso la fantascienza, di cui ho fornito un breve quadro storico e alcuni elementi di teoria del genere letterario, e di cui si è poi fatta esperienza diretta.

 I docenti in pausa caffè davanti a palazzo Manzioli

La fantascienza, forse più di ogni altro tipo di letteratura, va esaminata e presentata in un'ottica interdisciplinare. Per poter consentire alle cosiddette "due culture", scientifica e umanistica, di compenetrarsi, vanno innanzitutto permeabilizzate le barriere che storicamente caratterizzano queste visioni del mondo percepite ancora troppo spesso come alternative.
L'interdisciplinarietà può essere, ad un primo livello, un rapporto contenitore/contenuto, una sorta di relazione metonimica, ad esempio, tra un testo e le tematiche o le forme che presenta. Un romanzo che dedichi un discreto spazio alla descrizione della vegetazione del luogo in cui è ambientato richiede da parte dello scrittore una minima conoscenza di botanica; ma anche il lettore potrà trarre maggior soddisfazione dall'opera se saprà qualcosa di piante o sarà disposto ad informarsi. Viceversa, in un testo scientifico (specialistico, ma ancor più divulgativo), l'autore, al fine di veicolare meglio il contenuto, potrà fare uso di strumenti letterari: figure retoriche, topoi, strutture e forme della narrativa.
Mi pare che in questi due primi casi le barriere vengano meno solo in parte. Certo la prospettiva dell'inclusione è già un passo avanti, ma una vera integrazione, una messa a sistema delle conoscenze, richiede - per tornare alla similitudine retorica - non una metonimia ma una metafora: un trasporto (che è poi l'etimologia di 'metafora') totale di una disciplina nel campo di studi dell'altra.
Ed ecco che così, secondo alcune delle prospettive critiche e teoriche più recenti, la letteratura va presa in esame percorrendo a ritroso l'evoluzione che l'ha condotta ad essere una delle attività "dello spirito" per eccellenza. Senza soluzione di continuità si "regredisce" all'antropologia, all'etologia, al linguaggio come elemento a base biologica responsabile dell'ominazione, ripartendo poi dal suo sviluppo in tecniche e tecnologie (narrazione, letteratura, arte) come specializzazione dell'homo sapiens, specializzazione che può essere, e che auspico sia nei fatti, un vantaggio in termini di sopravvivenza. La struttura sociale di una colonia di formiche è determinata da segnali chimici. Un branco di lupi rinsalda i legami attraverso la caccia e la condivisione del cibo. Allo stesso modo la letteratura (più genericamente: una narrazione) può costituire l'umano consorzio, farlo sopravvivere all'ambiente e - nell'era geologica dell'antropocene - a se stesso, ricordandogli al contempo che l'uomo non è né formica né lupo.
Se assottigliare le barriere della letteratura significa ricondurre un'attività spirituale al suo "fondo animale", operare allo stesso modo nei confronti della scienza comporta la decostruzione di concetti base come 'teoria scientifica', 'realtà empirica' ecc. Se non bastassero allo scopo il falsificazionismo popperiano, la teoria della rivoluzione del paradigma scientifico di Kuhn (che inserisce le conoscenze scientifiche, al pari di quelle umanistiche, nel divenire storico) e altri elementi anche contenutistici e sperimentali della scienza contemporanea, si potrebbe guardare alla scienza come un'attività simbolica fortemente ritualizzata e al testo scientifico (opera di divulgazione o articolo specialistico) come ad un genere letterario che non differisce da un sonetto, un'ode o un romanzo giallo se non per le regole - anche queste in evoluzione storica - a cui il testo deve sottostare.
Dopo questo sguardo alla propria disciplina da una prospettiva straniante, sguardo forse un po' provocatorio ma certamente fondato, ho chiesto ai docenti di mettersi a coppie miste (uno umanistico, l'altro scientifico) e di presentarsi vicendevolmente. Ciascuno poi si è "straniato": si è presentato a tutti come se fosse l'altro, cercando di descrivere empaticamente come proprie le motivazioni del collega, le passioni e gli interessi che l'hanno condotto a seguire il suo percorso di studi.

Ecco, a questo punto ho potuto cominciare a parlare di fantascienza. Il fandom, gli studiosi e i professionisti del settore a volte danno per scontato che il canale di comunicazione interdisciplinare sia ricettivo e sgombro da pregiudizi o barriere difensive. Forse l'ho dato per scontato anch'io quando, in occasione di un precedente intervento, ho parlato di sf e mi sono ritrovato davanti a un uditorio perplesso e un po' riluttante. Stavolta, invece, sono riuscito a creare le condizioni per un seminario e un laboratorio efficaci.
Ho fatto qualche domanda preliminare. Su circa cinquanta docenti (che ho incontrato in due turni da tre ore) una decina avevano visto un film di fantascienza nell'ultimo anno; tre o quattro, nello stesso periodo di tempo, avevano letto un libro che si sentivano di ascrivere a questo genere letterario. Ancora: circa dieci avevano letto almeno tre romanzi di fantascienza nella loro vita. Tra gli insegnanti di lettere, tre, mi pare, avevano utilizzato qualche volta la sezione dei libri di testo (presente in genere nei volumi per la V elementare e per la III media) dedicata alla letteratura fantascientifica.
Ho parlato un po' dello sviluppo del genere letterario, citando cose che ogni studioso e molti appassionati sanno, ma in gran parte nuove per l'uditorio: protofantascienza, meraviglioso scientifico, le riviste anni '20 e '30, Hard SF, Space Opera, Social SF, New wave, fantascienza anni '70, Cyberpunk, fantascienza fuori dall'occidente, fantascienze ibridate con altri generi ecc. Poi ho detto qualche parola sulla fantascienza italiana, con un breve approfondimento a quello che è il mio campo di studi: la fs in autori del mainstream letterario.
Infine sono passato a descrivere alcuni tratti teorici e formali della fantascienza, che sono poi i punti più significativi per introdurre gli aspetti didattici. La fantascienza come estrapolazione di un elemento del presente e le conseguenti modifiche di uno scenario futuro, in un ottica di sistema complesso. Come stimolo alla curiosità per la scienza; come serbatoio macrotestuale di idee e di lessico in continua evoluzione. La fantascienza come letteratura dello straniamento cognitivo, che mette al centro la differenza tra il mondo empico e quello narrativo (il novum) e consente al lettore di valutarli da un punto di vista esterno a entrambi.
Se queste sono le premesse, la fantascienza, a scuola, può diventare strumento di educazione civica, ambientale e all'uso della tecnologia (ambiti che richiedono conoscenze integrate e capacità di proiettare nel futuro gli effetti dei propri comportamenti); di interculturalità e accettazione dell'altro e delle sue diversità; di applicazione al contempo di nozioni scientifiche e letterarie nella stesura di testi.

E poi siamo venuti al dunque. Quanto spesso un insegnante di lettere chiede agli studenti di scrivere un testo di fantasia e d'invenzione? Abbastanza spesso. E quante volte ha l'opportunità di farlo egli stesso, ricordandosi quali sono le difficoltà e le soddisfazioni di questa consegna? Per molti, nessuna.
Dati l'ambientazione scolastica e cinque diversi spunti, ho quindi chiesto ai docenti di dividersi in piccoli gruppi e di elaborare dei testi fantascientifici, non necessariamente narrativi. I minuti a disposizione non erano molti, quindici-venti, ma l'impegno profuso dagli insegnanti è stato encomiabile e la varietà dei testi al di sopra delle aspettative: un testo regolativo sull'uso delle strutture scolastiche (refettorio, servizi igienici e palestra) in assenza di gravità; un invito ad un corso di aggiornamento pensato per insegnanti che devono imparare a gestire i poteri psichici comparsi in un'ingente fetta della popolazione infantile; una circolare del dirigente scolastico che, in base a recenti scoperte genetico-pedagogiche, impone di suddividere le classi in base al colore degli occhi; un testo normativo con cui la scuola, sponsorizzata da privati e obbligata a far loro pubblicità, stabilisce le sanzioni per chi non rispetti le politiche commerciali della struttura; un testo narrativo - necessariamente molto breve - sulla scuola al tempo della simbiosi cerebrale con la rete e i social network (che riporto alla fine del post perché mi è sembrato tra i più significativi). E diversi altri, di cui solo uno o due non del tutto adeguati.

Infine ho consegnato alcuni brevissimi racconti da leggere e da utilizzare come spunto per progettare un'attività didattica interdisciplinare. I docenti hanno avuto poco tempo per condividere le loro idee, ma anche questa attività mi sembra sia stata ben accolta.

Una giornata intensa e arricchente. Per me sicuramente, confido anche per i docenti. Un altro piccolo contributo a favore della causa fantascientifica per la quale, non senza autoironia, mi pregio di combattere. Per dirla con Raymond Queneau: «La Science-fiction vaincra»

♦♦♦

GEORGE
  
Ore 8:00 di un mercoledì mattina.

«Tarkoski, parlami della storia della centrale idroelettrica di P.»

La domanda del prof. Severio Weah arriva precisa e pungente. La settimana scorsa siamo stati al campo scuola di M. dove abbiamo seguito il solito programma che tradizionalmente svolgono le scolaresche.
Ovviamente non ho nessun timore di rispondere, dato che George è già attivo da un'ora.
Google, centrale di quel figlio di P., wikipedia...

«La centrale è stata fondata nel 1902, per iniziativa di Napoleone IV che voleva fornire energia al paese circostante dalla Confederazione del...»

BLACKOUT

Ecco, non ci voleva, la solita storia quando arriva il tecnico informatico che attiva il firewall.
Da un po' di tempo le scuole hanno scoperto le potenzialità di George e fanno di tutto per bloccarlo. Ora non posso più accedere a internet e devo attingere solo dai miei ricordi.

«... la Confederazione del blackout», mi esce di bocca, ma mentre lo dico capisco di essermi reso ridicolo.

«Tarkoski - mi incalza il prof. Severio - cosa ti succede? Va tutto bene?»

Non so più cosa dire, la mia salivazione è azzerata. George non può più connettersi a Internet, però può utilizzare il social network coi compagni. Mi viene l'idea. Subito faccio partire le offerte.

Mario, 5€ se mi dai la risposta - Ne voglio 20.
Geremy 10€ se mi aiuti - Scordatelo, ne voglio almeno 30.

Intanto i compagni comunicano tra loro, sempre grazie a George si crea un cartello che fissa il prezzo a 1000€ . Non posso rimanere senza parole e devo accettare. 1000 € , faccio il bonifico e la risposta arriva subito.
Soddisfatto e fiero di me stesso, rispondo bandalzoso al prof. Weah:
«Sì».

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