domenica 20 dicembre 2015

Fenomenologia della sconsideratezza

Carlo Olgiati, autore de Il metabolismo storico ; Roger Babson, fondatore di un istituto che si occupa di antigravità; Hans Hörbiger, padre della Dottrina del Ghiaccio Cosmico e ispiratore del relativo culto; Absalon Amet, orologiaio francese costruttore del Filosofo Meccanico Universale.
Questi personaggi non hanno molto in comune, nemmeno l'esistenza storica – due sono realmente esistiti, due no – tuttavia le loro brevi biografie intellettuali costituiscono, assieme a quelle di un'altra trentina di individui, il geniale volume La sinagoga degli iconoclasti, pubblicato da Adelphi nel 1972 e recentemente ristampato.



In un'epoca che sembra remotissima, nella quale – forse a ragion veduta – l'unico modo per verificare l'attendibilità di un'informazione è consultare enciclopedie cartacee, rivolgersi a un esperto o scartabellare archivi più o meno polverosi, Juan Rodolfo Wilcock provoca disorientamento con una raccolta di stralci biografici, altrettanti exempla di uomini in genere sconosciuti e dimenticati, ma comunque non più che mediocremente illustri. Sfida il buon senso del lettore a confrontarsi con la mancanza di buon senso dei suoi simili, spigolando notizie di microscopisti che essiccano esseri umani ancor vivi nella convinzione di poterli poi reidratare, di postulatori dell'identità spirituale fra luce e suono, di titolari di brevetto della prova meccanica dell'esistenza di Dio. E nessuna di queste storie, ovviamente, è del tutto credibile. Ma nessuna è del tutto assurda: la capacità della mente umana di perdersi nelle proprie fissazioni, illusioni e idiosincrasie è infatti enorme, specie – suggerisce Wilcock – in coloro che vi pervengono a partire da studi seri e riconosciuti.
E se alcuni degli scienziati rientrano a pieno titolo nello stereotipo della pazzia, gli umanisti sono perlomeno border line e altrettanto pericolosi.
Di questa fenomenologia della sconsideratezza, Wilcock è divertito recensore più che censore. Il suo sguardo ironico e bonariamente paternalistico, sembra passare in rassegna con sussiegoso contegno, da «Avanti il prossimo», gli improbabili personaggi che scova, inventa o reinventa. Ma a guardar meglio si capisce quanto fascino possono esercitare coloro che hanno una forte, individuata motivazione, per quanto dissennata, su chi, come l'autore, è portato all'onnivorismo intellettuale, alla divagazione e alla dispersione. D'altronde vi è anche una base comune: tanto Wilcock quanto i suoi personaggi fanno parte di quel consesso di individui (sinagoga) che distruggono le comuni immagini (iconoclasti) della realtà.
E in questo binomio di critica e di laissez-faire sta il piacere della narrativa di Wilcock, che dissacra facendo spallucce e polemizza con distacco – se non con approvazione. A livello stilistico, Wilcock gioca con l'aforisma, il citazionismo, l'accumulo di sostantivi, lo straniamento, e con tutte le sfumature della pertinenza del discorso. Come l'Italo Calvino negli stessi anni, fa il verso postmoderno – irriverente lode – all'enciclopedismo illuminista. Favolosi sono alcuni degli incipit, così come alcuni brani in cui la capacità di invenzione è eccezionale. Non posso che riportarli per farli apprezzare appieno.

“Absalon Amet, orologiaio alla Rochelle, può dirsi in un certo senso il precursore occulto di una parte non trascurabile di ciò che poi si sarebbe chiamato la filosofia moderna – forse di tutta la filosofia moderna – e più precisamente di quel vasto settore di indagine a scopo voluttuario o decorativo consistente nel casuale accostamento di vocaboli che nell'uso corrente raramente vanno accostati, con susseguente deduzione di senso o dei sensi che eventualmente si possano ricavare dall'insieme; per esempio: «La Storia è il moto del nulla verso il tempo», oppure «del tempo verso il nulla»; «Il flauto è dialettico», e combinazioni simili. Uomo del Settecento, uomo di ingegno, Amet non pretese mai né la satira né la conoscenza; uomo di meccanismi, altro non volle mostrare che un meccanismo. Nel quale si celava minaccioso – ma lui non lo sapeva – un brulicante avvenire di turpi professori di semiotica, di brillanti poeti di avanguardia”.

"L'inversione del tempo porta quasi fatalmente a una specie di determinismo: se il sogno di ciò che chiamiamo passato è un sogno veritiero, molto di quello che accadrà è saputo: usciranno dalle ventitré ferite di un cadavere nel foro di Pompeo le spade di noti congiurati, e parlando latino alla rovescia converseranno il morto e Cicerone. Altri fatti accadranno ancora più determinati: poiché ora esistono le tragedie di Shakespeare, un giorno a Londra un uomo sempre più ignoto dovrà abolirle una per una, dalla fine all'inizio, con la penna; dopo di che il teatro sarà un'arte diversa, molto più povera. /[...] Il destino ultimo dell'uomo è la perfezione primigenia, il balbettio ebete e aurorale della creazione".

“Gli utopisti non badano ai mezzi; pur di rendere felice l'uomo sono pronti a ucciderlo, torturarlo, incinerarlo, esiliarlo, sterilizzarlo, squartarlo, lobotomizzarlo, elettrizzarlo, mandarlo in guerra, bombardarlo, eccetera: dipende dal piano. Conforta pensare che anche senza piano gli uomini sono e saranno sempre pronti a uccidere, torturare, incinerare, esiliare, sterilizzare, squartare, bombardare, eccettera”

4 commenti:

  1. Come se non bastassero tutti i libri che devo ancora leggere... Dovrei semttere di seguirti! Mi ha ricordato un po Danilo Kis, altro autore amato da adelphi: che ne pensi?

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    1. Mai letto Danilo Kis, ma la sua Enciclopedia dei Morti dev'essere interessante, e in effetti potrebbe assomigliare a questa prova di Wilcock.

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  2. Quoto D, qui sopra. Aggiuynto senza esitazioni ai desiderata.

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    1. Desiderata. Non so perché, ma mi fa venire sempre in mente che i libri dovrebbero venderli assieme al tempo per leggerli.

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