Immaginate un romanzo che descriva un
impero così vasto e potente da espandersi attraverso le dimensioni
del tempo e del possibile. Un Impero Connettivo, coi suoi postumani e
il suo autocrate alieno, Totka_II, il cui Stato – entità politica
e mistica all'apparenza inarrestabile e in grado di trascendere le
leggi della fisica così come le conosciamo – si scontra nientemeno
che con la raffinata civiltà bizantina, con l'Impero Romano
d'Oriente in uno dei momenti di suo massimo slancio e splendore: il
tempo dell'imperatore Giustiniano I, della consorte Teodora e del
generale Belisario.
Da questi "semplici" esseri umani l'Impero Connettivo rischia di venir travolto. Perché se il grido di battaglia dell'esercito dei postumani è «Siamo connessi!», Belisario e le sue armate sono persino più connessi: combattono infatti per un progetto politico visionario e condiviso che per poco non riesce ad imporre la sua assurda necessità storica a un essere semidivino che non contempla necessità alcuna, ma solo probabilità. Ma l'Imperatore Totka_II, appartenente all'antica razza dei nephilim, ha il potere di richiamare a sé i demoni sumeri suoi antenati, di proiettare la sua volontà sull'esistente e di modificarlo, annullarlo, ricrearlo...
Da questi "semplici" esseri umani l'Impero Connettivo rischia di venir travolto. Perché se il grido di battaglia dell'esercito dei postumani è «Siamo connessi!», Belisario e le sue armate sono persino più connessi: combattono infatti per un progetto politico visionario e condiviso che per poco non riesce ad imporre la sua assurda necessità storica a un essere semidivino che non contempla necessità alcuna, ma solo probabilità. Ma l'Imperatore Totka_II, appartenente all'antica razza dei nephilim, ha il potere di richiamare a sé i demoni sumeri suoi antenati, di proiettare la sua volontà sull'esistente e di modificarlo, annullarlo, ricrearlo...
Immaginate che l'autore di questo
romanzo voglia affrontare una molteplicita di tematiche importanti e
attuali, fantascientifiche e non. Tra queste vi sono il potere
spirituale e temporale, la violenza e la sopraffazione, realtà
culturali presentate come un meme
appositamente innestato nell'umanità dai suoi antichi dèi e
padroni. Immaginate che a questa forma di potere-possesso, maschile e
patriarcale, corrisponda simbolicamente un potere sessuale che si
manifesta come possesso fisico e mistico della controparte femminile.
Anche se, o meglio tanto più se il
soggetto di questo potere è l'essere semidivino di cui sopra che,
come i reggitori dei pantheon degli antichi greci e romani, è preda
di un desiderio bruciante per una mortale.
Immaginate di perdonare (a meno che non
le apprezziate) le fissazioni alieniste alla Zecharia Sitchin
presenti nell'opera, perché sono equilibrate da riferimenti diretti
a studiosi seri, e perché lo scrittore riesce quasi sempre a farle
passare per un'interessante speculazione antropologica.
Immaginate infine che questo romanzo
ambizioso, studiato, potenzialmente valido a livello di contenuti,
sia del tutto inadeguato dal punto di vista della forma. Che tutto
ciò che c'è di buono sia sepolto
sotto una montagna di parole ostentatamente difficili, pretenziose,
superflue, ridondanti, qualche volta persino goffe o scorrette.
Involontariamente ridicole.
Immaginate tutto questo e vi sentirete
come me durante e dopo la lettura de L'impero restaurato di
Sandro Battisti, vincitore (a parimerito con Bloodbuster
di Francesco Verso), del Premio
Urania 2014, volume 1624, nelle edicole fino a qualche giorno fa.
Dall'incipit
all'explicit,
il romanzo è scritto con uno stile francamente deludente. Sembra ci
siano solo le grandi idee
della trama e
manchino quelle piccole idee
che rendono la
narrazione gustosa e vivace: quelle metafore, quelle figure di vario
tipo, quelle descrizioni o approfondimenti psicologici ben scritti
che gli autori probabilmente concepiscono mentre fanno tutt'altro e
di cui prendono nota con carta e penna, o virtualmente.
La
densità di espressioni infelici o scorrette è disarmante. Solo
nella prima pagina si legge di nuvole che "si attaccano allo
sguardo come colla" e del rito d'un aruspice in cui il silenzio
è "colonna sonora del momento". Senza che vi sia una
focalizzazione che possa giustificare questo tipo di scelte. Non
mancano poi, nel corso del romanzo, modi ed espressioni provenienti
dall'insopportabile gergo dei professionisti: quell'antilingua dei
meeting o
dei panel aziendali:
tipo 'piuttosto che' usato come disgiuntivo o, ancora,
'approcciabile'. Mancano solo 'impattare' e 'stressare' in luogo di
'sottolineare' e siamo pronti per il consiglio d'amministrazione.
Al secondo posto tra le cose che fanno
inorridire il lettore (o almeno fanno inorridire me)
ci sono quelle creazioni e relazioni sintagmatiche di natura
tecnico-scientifico-semiologico-filosofico-mistico-informazionale di
cui ho dato il presente modesto esempio e che – ammetto la mia
ignoranza – non so se attribuire alla poetica connettivista o al
solo Battisti. A cui comunque lascio la parola. «Continuum
siderali»; «significanze cosmiche»; «intensità onomatopeiche»;
«rumore di fondo del collasso quantico»; «simulazione craniale
proveniente dalla sua mente surdimensionata»; «melma dimensionale
da cui non riusciva a divincolarsi. / — Can
you hear me, major Tom?».
Ora,
è vero che un'espressione estrapolata dal contesto può sembrare a
priori infelice e illeggibile. Ma il contesto, in questi casi,
somiglia tanto, troppo al testo, e le cose di cui sopra suonano
assolutamente arbitrarie e un po' cialtrone, come la canzone di
Uforobot: "mangia libri
di cibernetica / insalate di matematica / a giocar su Marte va".
Riconosco che il gergo specialistico,
anche inventato, può legittimamente far parte del cyberpunk e
del cybergoth in cui
l'autore si colloca. Ma Battisti esagera davvero con la proposta
straniante di sostantivi e sintagmi astratti, privi un referente che
il lettore possa cogliere. Il risultato sono espressioni che
risultano fatte di caratteri e di suono, non di significato.
Ma al primo posto quanto a imbarazzo
per il lettore stanno gli amoreggiamenti al contempo carnali e
platonici dell'imperatore Totka_II, il cui "surdimensionamento"
non si limita alle facoltà mentali.
«Le
immagini di Teodora facevano ancora capolino nella sua mente e la
vestaglia connettiva che indossava, ricca di prese per la connessione
informativa, scivolò sul suo bellissimo corpo da adone greco
scoprendo il suo sesso generosamente grande. Il pensiero
dell'imperatrice, del suo sfiorarla durante i viaggi dimensionali che
lui intraprendeva e quel suo prenderla vigorosamente da dominante,
tanto da stordirla e lasciarla sotto shock, gli gonfiava vieppiù la
carne muliebre [sic!]».
Non voglio essere categorico: magari
sono io a non essere all'altezza del genio dell'Impero restaurato.
In tal caso, vi prego, fatemelo notare, spiegatemi, e mi ritirerò
con disonore nelle mie più classiche, sottodimensionate letture.
Sinceramente non ho capito una parola della trama (a c8minciare da Impero Connettivo), ma la tua recensione mi ha divertito tanto che quasi quasi corro a leggere il libro!
RispondiEliminaLa trama è complessa: è un intreccio temporale che mi pare funzioni, che non genera paradossi perché si ha un moltiplicarsi di realtà parallele o perlomeno di versioni di eventi e di personaggi che concorrono con più o meno peso a determinare la linea temporale empirica. Però spiegarlo in poche righe non è semplice.
EliminaPuntualizzo, se fosse necessario, che non voglio fare dell'ironia: la trama è del tipo che mi piace.
Ovazione e ola.
RispondiEliminapurtroppo confermi un'impressione che ho già avuto in precedenza riguardo alle opere dichiaratamente connettiviste (e questa lo è fin dal titolo). una verbosità e forzata ricercatezza di stile che alla lunga diventa pesante, e che soprattutto non aggiunge niente alla storia.
RispondiEliminafaccio un controesempio: anche Forlani scrive spesso in modo aulico e ricercato (mi riferisco ad Elenaor Cole ma anche alle altre opere dello stesso filone). nel suo caso però questo stile è parte integrante della narrazione, esprime quell'estetica barocca in cui i suoi personaggi sono immersi, per questo non risulta forzata ma serve uno scopo, e il testo se ne arricchisce.
Il punto è che se lo stile fosse davvero ricercato potrebbe anche piacermi. Ma mi sembra che sia un po' buttato su, e in questi casi la ricercatezza diventa manierismo. E non ho ancora trovato motivi per pensarlo volontario.
EliminaSono d'accordo riguardo a Forlani. Sto leggendo Eleanor Cole, e lì il manierismo e la ricercatezza sono esagerate e volute. E poi Forlani va preso dannatamente sul serio perché non si prende troppo sul serio lui. E non prendersi sul serio è cosa buona.
Concordo con quanto tu scrivi.
RispondiEliminaPer carità, ognuno ha diritto a dire la sua, ma per quanto mi riguarda Sandro Battisti è sottile recettore di vibrazioni cosmiche trasfuse in prosa e ottimo scrittore (sto leggendo il libro che ha vinto l'"Urania") e poeta.
RispondiEliminaSulla natura "criptica" più o meno personale o inerente al movimento connettivista, ogni connettivista è "a modo suo", perché siamo una corrente letteraria aperta a espressioni personali, senza rigide direttive (vi segnalo il mio articolo http://www.marszalek.com.pl/italicawratislaviensia/2015/01.pdf). Ognuno di noi interpreta ed esprime una sensibilità collettiva in modo personale.
Bisogna inoltre considerare come certi scorci e determinati spunti più "ostici" rientrino nella componente "poetico-ermetica" del Connettivismo, che in alcuni autori - e in alcuni momenti - è più "hard-core" (ovviamente, non nel senso del sesso a cui si faceva riferimento :D), mentre in altri più sfumata e rientrante nel flusso della narrazione. Ma non si può dire che sia tout-court inutile, e penso non certo più sgradevole di certi sintagmi "agghiaccianti" di autori che vanno per la maggiore e vincono pure lo Strega.
La mia conoscenza del fenomeno connettivista è limitata - per ora - a questo libro (L'impero restaurato) di questo connettivista (Sandro Battisti). Per questo ho domandato delucidazioni e ti ringrazio per avermi risolto alcuni dubbi. Mi fa piacere avere una conferma autorevole che non tutte le opere di Battisti sono come questa. E che non tutti i connettivisti scrivono come Battisti in quest'opera.
RispondiEliminaMi spiego meglio riguardo ai punti ostici. Sia per come si presentano, sia perché nel romanzo ci sono oggettivamente alcuni errori (come la 'carne muliebre' di cui sopra o l'uso della terza persona singolare come forma di cortesia nell'Impero Bizantino) che fanno pensare che il lavoro sullo stile e la forma sia stato quantomeno frettoloso, questi che definici "spunti ostici" mi sembrano invece delle grandi "sparate".
Insomma, per tentare un commento adeguato al tono: i miei relé ermeneutici pineali, attivati spesso da frattaliche profondità hofstadteriane, non vibrano in consonanza coll'oro alchemico stillato dalla penna di Battisti.
Poi i discorsi su altri autori vincitori di altri premi lasciano un po' il tempo che trovano, tanto più quando altri autori ancora che non hanno vinto nessun premio scrivono meglio.
Grazie. Con questo post hai espresso esattamente quello che pensavo dell'Impero Restaurato. Mi fa piacere sapere che non sono il solo ad aver avuto perplessità sullo stile e sull'uso smoderato della parola "siderale".
RispondiEliminaLeggere Battisti è immergersi in un flusso. Io credo non sia necessario cogliere tutti i dettagli, scomporre il testo in microeventi. Quella di Sandro Battisti non è prosa come siamo abituati a conoscerla dalla narrativa anglosassone in cui ogni elemento sta dove deve stare, perfettamente. Sandro Battisti prende il lettore e lo getta in questo fiume mellifluo di parole, di emozioni, di sensazioni. Racconta di un Impero che si estende nello spazio e nel tempo e come potrebbe farlo se solo il concetto di questa estensione temporale è quasi inafferrabile? Vi ci butta dentro e vi lascia scorrere nel suo flusso/flow (altra parola Battistiana). Concordo però con te, se cercate un romanzo di fantascienza in prosa questo libro non è ciò che state cercando. Ma se volete fare un'esperienza quasi allucinatoria allora avete fra le mani il libro giusto.
RispondiEliminaPer correttezza intellettuale preciso che conosco Sandro molto bene, spesso ho condiviso con lui critiche alla sua prosa troppo ermetica, ma questo libro in particolare funziona. Come un fiume di emozioni.
Ammettiamolo, leggendolo non sembra davvero di essere lì, in questo confine spazio/temporale fra Impero Bizantino e Impero Connettivo?
E al diavolo qualche sbavatura sintattica... al massimo diamo la colpa all'editing di Urania.. ;)
Ciao
Alex
(il tizio visto ieri in viale)
Ciao Alex, grazie per il commento.
EliminaTrovo veramente ammirevole come i connettivisti difendano in solido le opere degli aderenti al genere/al movimento. Un po' come gli eserciti che si confrontano nel romanzo di Battisti ;)
Non sono ironico, sincera stima: è anche così che si apportano innovazioni letterarie e si fa una proposta di "poetica" di un genere letterario comunque interno alla fantascienza.
Quello che mi lascia un po' perplesso è la sinonimia che presumete tra "non capire" e "non apprezzare" un'opera connettivista. È vero che a volte le due cose si presentano assieme, ma è anche vero che posso aver capito un testo eppure non apprezzarlo, e posso persino NON averlo capito del tutto e non apprezzarlo per motivi diversi dal non averlo capito.
Di fronte alle continuee precisazioni, spiegazioni, appelli ad un certo tipo di lettura e alla necessità di cercare certe cose e non altre, di apprezzare certe cose e non altre in un'opera narrativa, rivendico la mia prerogativa (non personale, ma di lettore, un qualsiasi lettore - magari con qualche conoscenza in più della lingua italiana) di non apprezzare un testo, di capirne e non amarne la costruzione e la prosa, di notare alcuni refusi e alcune superficialità - siano pure responsabilità ultima dell'editore - e di farli pesare parecchio sul piatto della bilancia etichettato "contro".
Detto questo, auspico altri positivi confronti sui nostri rispettivi blog (o su fb, se sei attivo e vuoi aggiungermi: Jacopo Berti)
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