giovedì 25 febbraio 2016

Il più *petaloso fior ne coglie

A vantaggio di chi non fosse avvezzo ai segni lingustici, specifico subito che l'asterisco, posto prima di una parola (come avviene nel titolo che riprende il motto dei cruscanti) indica, tra le altre cose, un costrutto agrammaticale o asemantico. Così sapete subito dove voglio arrivare. E se vi sembra che la polemica sia sterile, potete abbandonare qui la lettura.

L'inizio: una vecchia pubblicità di FIAT

Io stimo e ammiro l'Accademia della Crusca. Mi stava simpatica persino quando era formata da vecchi barbogi conservatori: potete immaginare quanto io l'abbia apprezzata da che, recentemente, è entrata nel mondo dei social, ha pubblicizzato su facebook e twitter le sue pubblicazioni e le sue preziose consulenze linguistiche, ha continuato a rappresentare un equilibrato osservatorio sulla lingua, arginando sia l'ipercorrettismo (la cito spesso, ad esempio, quando voglio rivendicare la legittimità d'iniziare una frase con una congiunzione) sia i fenomeni deleteri - in quanto oggettiva fonte di ambiguità - del mutamento linguistico (uno su tutti, il "piuttosto che" disgiuntivo). Tutto questo, riscoprendo, proprio in virtù del suo impegno social, la sua antica vocazione conviviale di combriccola o brigata che non si prende troppo sul serio.
Ma a mio avviso ieri, la Crusca - o, meglio, chi ne cura i profili twitter e facebook - ha avuto una caduta di stile, dimostrando di prendersi davvero troppo poco sul serio. E abdicando alla sua funzione storica, che deve rimanere almeno in parte normativa, come dimostrano gli utili richiami relativi all'uso del congiuntivo e all'abuso dei forestierismi, che pure continua a lanciare. Perché, dunque, favorire la stucchevole deriva dei suffissi in -oso?
La storia è nota a tutti: un bambino di terza elementare di nome Matteo ha utilizzato, in un esercizio sugli aggettivi, la parola "petaloso", riferendosi a un fiore. Fin qui niente da dire: gli errori dei bambini fanno tenerezza e possono essere divertenti. La maestra, o pie pellicane, forse di quelle che preferirebbero veder scorrere il proprio sangue piuttosto che l'inchiostro rosso, ha ben pensato di spronare il pargolo a scrivere all'Accademia della Crusca per ottenere un riconoscimento della propria invenzione. La Crusca, professionale e civile quale è sempre stata, ha risposto con cortesia.
Poi tale risposta è finita sui social. Non so se ad opera della maestra, della scuola, dei genitori o della stessa Accademia. Quel che è certo è che la Crusca ha rilanciato la vicenda, con tanto di hashtag #petaloso. L'hashtag ha avuto successo, la storia ha interessato un sacco di persone (questa settimana gli italiani si sono presi una vacanza dal loro lavoro di "milioni di allenatori" e sono diventati, con Umberto Eco e con "petaloso", milioni di letterati e linguisti) e alla fine - a dimostrazione che di bomba mediatica trattavasi - è stata citata persino da un altro "giovane Matteo", il capo del governo.
La Crusca smentisce: non ha effettivamente approvato l'operato del novello onomaturgo, perché non lo può fare: una parola - spiega la sociolinguista che si è occupata della faccenda - non viene inserita per decreto in un vocabolario, ma deve avere un riscontro positivo nell'uso comune: i parlanti la devono capire e la devono usare. Ecco, io su entrambi i requisiti ho delle perplessità.
1) Quanto alla comprensione: il vocabolo, essendo stato coniato ora e da un bambino non è neutro dal punto di vista affettivo. Non significa soltanto "ricco di petali", ma porta con se tutto il sottotesto del linguaggio pubblicitario, lo stesso da cui derivano i biscotti "inzupposi" del fornaio Banderas, le varie cose "coccolose", e persino il tono che assumono alcune formazioni non recenti in "-oso". Non per nulla gli "amici a quattro zampe" sono sempre più spesso chiamati "i pelosi" (con la variante "pelosetti"); non per nulla il termine "goloso" ora non descrive più solo colui che desidera mangiare qualcosa di buono, ma anche la cosa buona da mangiare. Il suffisso -oso è sovraccarico e stucchevole. E non so quanto tutto questo sia effettivamente percepito da chi ha condiviso l'hashtag.
2) Con la diffusione dell'aggettivo "petaloso" si intendeva, appunto, incoraggiarne l'uso, in modo da poterlo poi eventualmente inserire in un vocabolario, per la soddisfazione della maestra e della componente "social" della Crusca. Ma in qualità di cosa è stato condiviso? In qualità di parola. In tanti casi non si è usato l'aggettivo di cui sopra, ma se ne è parlato. Questo non è uso in termini sociolinguistici. "Petaloso" se mai diventerà una parola vera, entrerà non nel linguaggio, ma nel metalinguaggio. Vorrà dire "termine infantile e stucchevole, maldestramente formato e immeritatamente divulgato".
Il che, tutto sommato, potrebbe essere "curioso" - quale vocabolo che vuol dire solo se stesso: nomina nuda tenemus direbbe Eco - e, temendo che questo caso non resterà isolato, utile.

1 commento:

  1. Che dire: anch'io non posso che sottoscrivere parola per parola (e invidiarti l'asterisco).

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